Dieci anni vissuti pericolosamente

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Avevo promesso a me stesso che non avrei scritto neanche una riga sulla crisi dell’Arezzo Calcio. Faceva troppo male, mi faceva troppo incavolare pensarci, quindi avrei rischiato di perdere di vista quella qualità indispensabile quando si scrive di certe cose: l’obiettività. Poi non ce l’ho fatta più, ho pensato che poteva essere il caso provare a fare una storia di questi dieci anni del Mancini, cominciati benino e finiti che peggio non si può.
Cercare di fare uno zibaldone sulla più lunga presidenza della storia dell’Arezzo è un po’ come provare a svuotare l’oceano con un cucchiaio: per ogni volta che provavo a buttar giù la lista delle parole, mi accorgevo che per le ventuno che scrivevo ce ne sarebbero state cento che rimanevano fuori. Così sono tornato al suggerimento che mi aveva dato Andrea quando gli avevo accennato di questo pezzo, e cioè di cercare di fare una sorta di “Bignami del decennio manciniano”. Mi perdonerete per le cose che sono rimaste fuori, e per il tono tra il serio e il faceto di questo pezzo. Ho cercato di puntare il dito soprattutto sulle cose – a mio modo di vedere – più assurde a cui ci sia capitato di assistere. Sicuramente mi sarò dimenticato di qualcosa di eclatante, spero vogliate perdonarmi. Comunque ci ho provato. Tenetevi forte, si parte.

A come Addio per sempre. Stavolta direi che ci siamo. Dopo i fatti degli ultimi giorni, il matrimonio tra Piero Mancini e l’AC Arezzo si è chiuso per sempre. Ora, sapendo tipo è il Presidente, non mi stupirei più di tanto se tirasse fuori qualche altra idea per prolungare il binomio. Ma “addio per sempre”, a questo punto, oltre ad essere una constatazione è anche un auspicio. Per il bene di tutti.

B come Serie B. Perché è giusto dare a Cesare quel che è di Cesare. La stagione di Somma e i tre anni in B sono stati stupendi, a tratti indimenticabili, anche l’anno dell’amara retrocessione, se si considera i risultati che l’Arezzo seppe ottenere contro le grandi del calcio italiano (2-2 a Torino contro la Juve, 1-0 al Comunale contro il Milan con un’eliminazione che grida ancora vendetta…). Un periodo idilliaco che purtroppo, a quanto sembra, difficilmente riassaporeremo presto.

C come Capocannonieri. Elvis Abbruscato (in C1) e Gionatha Spinesi (in B). In entrambi i casi, giocatori che avremmo potuto trattenere ancora un po’, ma che sono serviti a far cassa. Peccato, perché con una coppia del genere, accanto ad uno come Floro Flores, la serie A non sarebbe stata una Chimera (altra parola con la C che ci sarebbe stata bene). E invece se ne sono andati entrambi per rimpinguare le casse della società. Altro che programmazione, altro che lottare per la massima serie, altro che.

D come Serie D. Lì eravamo finiti per una cifra che oggi appare ridicola, dopo il 17 aprile 1993. Lì, a quanto pare, torneremo. Alla faccia del progetto, alla faccia della serie A in cinque anni, alla faccia di tutti quanti. Altro che derby col Siena, il prossimo anno si rischia di tornare in posti che mai avremmo voluto rivedere. Montevarchi, Sansepolcro, Città di Castello… forse persino Perugia. A pochi mesi da quando gli abbiamo cantato “è arrivato Covarelli, son finiti i tempi belli”.

E come Empoli. A pochi chilometri di distanza da noi, c’è una squadra che dal 1983 ad oggi ha fatto nove anni in serie A e dieci in B. Investendo sui giovani, tenendo sempre sotto controllo la spesa, lanciando nei massimi campionati una serie di talenti impressionante, togliendosi soddisfazioni che a noi non sono mai state concesse. E non si poteva prendere esempio dai vicini, che come si sa, hanno sempre l’erba più verde?

F come Floro Flores e Firicano. Ovvero, come spendere bene qualche soldo e come spendere male diversi soldi. Tutto il bene e il male della gestione Mancini si esemplifica in questi due acquisti, se vogliamo. Ci sono stati tanti Floro Flores e purtroppo anche diversi Firicano (ripensandoci, avrei potuto scrivere anche Fofana), ma né gli uni né gli altri hanno mai avuto un capo e una coda.

G come Gestione societaria. Una trentina di allenatori, più di un direttore sportivo all’anno, dichiarazioni alla stampa puntualmente smentite, minacce di gettare tutti nella Chiana, lamentele continue circa il fatto che nessuno gli dava una mano, e poi? E poi, dopo aver dichiarato che “il progetto va avanti”, esce il comunicato stampa che tutti sappiamo.

H come Hotel Minerva. L’albergo da dove uscivano i giocatori dell’Arezzo in passeggiata, sabato sera, prima della partita con la Cremonese, di ritorno dal costosissimo ritiro alla Borghesiana. Chi l’avrebbe mai detto che lì si sarebbe consumata, probabilmente, l’ultima vigilia di una partita di Lega Pro per l’Associazione Calcio Arezzo?

I come Istituzioni. Sarò impopolare, ma credo che le istituzioni, molto spesso tirate in ballo, possano fare ben poco, al di là dei proclami, per una società di calcio. Anche perché in una città grande come Arezzo, ci vive gente – come noi – appassionata di calcio, e anche gente alla quale del calcio non frega niente, e probabilmente gli girerebbero anche le scatole a sapere che le istituzioni usano denaro pubblico per aiutare un giocattolo che un privato ha distrutto, senza che nessuno glielo avesse imposto. È triste, ma è così.

L come Lega Pro. Ovvero, il campionato con il peggior rapporto costi-ricavi d’Italia. Forse d’Europa. Se ad Arezzo con gli incassi domenicali non ci copri neanche le spese, nelle altre realtà la situazione deve essere più o meno la stessa. A suo tempo, un uccellino mi disse che se il Cesena non avesse vinto il suo girone lo scorso anno, non si sarebbe reiscritto alla Lega Pro. Guardate ora come è messo il Cesena, e guardate che terremoto c’è in Lega Pro. Sarà l’ora di farsi delle domande, voi a Roma? Che dite?

M come Monte dei Paschi. Se per salvare l’Arezzo dobbiamo sperare in una banca di Siena, stiamo freschi…

N come Nanu, al secolo Giuseppe Galderisi. Il bi-subentrato allenatore dell’Arezzo (unico nell’era Mancini, mentre Semplici non è l’unico ad essere bi-esonerato, visto che lo è stato anche Beruatto) è stato l’ultimo allenatore di questa disgraziata stagione. A quanto dicono le malelingue, aveva anche fiutato l’aria che tirava ad Arezzo a livello economico. Che derivasse da quello la tensione che aveva – anche – la squadra durante la sua gestione?

O come Ogni anno la stessa storia. “Lascio il calcio”. “L’Arezzo è in vendita.” “Se ci sono acquirenti, si facciano avanti.” A forza di gridare al lupo al lupo, quando il lupo è arrivato per davvero non ci credeva più nessuno. Finché non è stato troppo tardi.

P come Perugia. Brindavamo ironicamente a Covarelli, che aveva fatto ri-fallire il Perugia dopo il tracollo dei Gaucci. A quanto pare, le strade del Cavallo Rampante e quelle del Grifo sono destinate a seguire percorsi spesso simili. Oddio, per una parte meglio così, perché vuol dire che prima o poi toccherà anche a noi, giocare in Coppa Uefa. Se è vero che il calcio è una ruota che gira…

Q come quotidiani locali. Col senno di poi, un po’ più di equilibrio sarebbe stato auspicabile. Invece di accusare i tifosi (ma se il Mancini ci metteva i soldi, gli abbonati e i paganti no?), i Ceravoli, i Semplici e i Complicati, qualche volta, qualche critica più decisa alla gestione manciniana si sarebbe potuta fare. Visto che non era tutto campato in aria?

R come Ripescaggio. Stavolta non saremmo neanche tra gli aventi diritto. E per una parte meglio così. Un’ancora di salvezza del genere non farebbe che gettare altra sabbia sopra i problemi. Che inevitabilmente tornerebbero fuori. Via il dente, via il dolore.

S come Solitudine.
Ora sì che il Mancini è da solo. Se lo era prima, quando la società era sana, figuriamoci ora che è malata all’ultimo stadio. Peccato che poi si scopre, tra l’altro, che sia ad Amleto Mancini sia a Giorgio Veltroni sarebbe stato rifiutato di entrare in società. Qui qualcuno non ce la conta giusta. Fate voi.

T come Terra. Il difensore centrale che da quattro anni a questa parte è stato il perno della difesa amaranto è l’emblema di quanto ingloriosa sia la fine della storia manciniana. Ma se uno proprio non ci vuole stare, non è meglio cederlo quando ancora ha mercato? La vicenda Martinetti non aveva insegnato proprio niente? E quella di Ricchiuti? Se la Lega Pro costa troppo, inutile tenere giocatori con ingaggi da serie B, peraltro contro la loro volontà. Portogruaro docet: per vincere il campionato serve gente determinata, non strapagata.

U come Ultima Fermata: Pergolizzi.
Qualche anno fa uscì uno speciale di Dylan Dog e Martin Mystère che si intitolava “ultima fermata: l’incubo.” Confesso che quando ho letto che Mancini aveva dichiarato di aver praticamente chiuso con Pergolizzi, ho pensato di stare sognando, anzi, di stare avendo un incubo, per l’appunto.

V come Valzer delle panchine. Dal 2000 ad oggi Cabrini, Discepoli, Ferrari, Colautti, Pellicanò, Beruatto, Rumignani, Fiorucci, Florimbi, Somma, Marino, Tardelli, Gustinetti, Conte, Sarri, De Paola, Cuoghi, Fraschetti, Cari, Ugolotti, Semplici, Galderisi. Dimentico qualcuno?

Z come Zero rispetto. Per i tifosi, per la città, per la gente di Arezzo, per tutti. Perché c’è modo e modo di finire una storia, e questo è sicuramente il modo peggiore che si potesse immaginare.

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