Chissà come avresti reagito, babbo, in questo ultimo anno strano e incredibile. Chissà – ancora di più – come sarebbe stato bello poterti dare in braccio la Emma. Forse non avresti voluto, perché come mi dicesti una volta parlando di Ale, “quando i bambini sono troppo piccini io non so mai che fare”. Ale che cresce, babbo, sai? Che adesso fa la quarta elementare, vuole sempre portare l’orologio al polso, va in monopattino con una gamba sola, è dolce e affettuoso ed educato tanto da non sembrare un bambino di questi anni, e a me si stringe il cuore quando gli parlo di te, che lo so che se ne sta dimenticando, era troppo piccolo quando te ne sei andato, ma gli viene sempre un velo di tristezza sul viso, come se sentisse qualcosa che gli è stato portato via ingiustamente, senza chiedere il suo parere, troppo presto. Non lo so che cosa avresti fatto tu in questo anno di pandemia, magari avresti fatto la vita di sempre, magari ti saresti arrabbiato, magari avresti riletto cento e cento volte i tuoi, i nostri fumetti, ne avresti voluti altri in prestito da me, ne avresti comprati alcuni doppi, chissà. E io sono qua, a chiedermi se da dove sei adesso riesci a vedere come sono belli i tuoi nipoti, adesso che sono passati sei anni e continua a non sembrarmi giusto, a sembrarmi troppo presto, a sembrarmi irreale, o forse troppo reale. Dopo sei anni, continui a mancarmi ogni giorno, continuo a pensare a tutto quello che vorrei chiederti e che non posso più fare, a tutto quello che vorrei mostrarti e che non so come fare.
2 marzo 2015 – 2 marzo 2021