Duemila battute su Patrick Modiano e lo stato di salute della Letteratura italiana

La vittoria del premio Nobel per la Letteratura di Patrick Modiano, autore forse sconosciuto ai più (io ammetto candidamente di averlo solo sentito nominare ma di non aver mai letto un rigo della sua produzione) un po’ come era stato per Tomas Tranströmer nel 2011, mi offre lo spunto per una riflessione che riguarda lo stato di salute della letteratura italiana. La motivazione con cui si è deciso di conferire il premio a Modiano è questa: “per l’arte della memoria con la quale ha evocato i destini umani più inafferrabili e scoperto il mondo della vita dell’occupazione”.

Patrick Modiano

Patrick Modiano

Ora, a parte che mi vengono in mente almeno cinque scrittori italiani che perlomeno cercano di fare altrettanto, è evidente che il premio è stato dato proprio a lui perché è stato più bravo degli altri nel narrare questo tipo di scenario. Ma, rapportando le varie “scene letterarie” contemporanee, mi viene un dubbio: la letteratura italiana è malata di “provincialismo”? è un mondo autoreferenziale, che se la suona e se la canta, e non viene minimamente considerato all’estero?

Scorrendo l’elenco dei vincitori del Nobel, gli italiani sono sempre sei, di cui tre risalenti al periodo del Regno d’Italia.  Carducci, Deledda, Pirandello, Quasimodo, Montale, Fo. E sinceramente, considerando che il premio può essere conferito solo ad autori viventi, mi pare che l’unico a potervi ragionevolmente ambire è Umberto Eco, e dietro di lui il vuoto. Non vedo nessun Le Clézio, nessun Orhan Pamuk, nessun Mario Vargas Llosa, solo per stare nell’ultimo decennio, né realizzato né potenziale, tranne – e sia detto con mille “forse” – Dacia MarainiAlessandro Piperno. Non me ne vogliano gli altri scrittori italiani d’oggidì. Eppure la nostra Letteratura del Novecento ci ha dato tanti autori che avrebbero potuto vincere il Nobel senza sfigurare nell’albo d’oro della Reale Accademia Svedese delle Scienze: D’Annunzio, Svevo, Fogazzaro, Moravia, Vittorini, Gadda, Calvino, Primo Levi, solo per dire i primi che mi vengono in mente.
Quindi, in sintesi, la domanda è: come è potuto succedere che la Letteratura italiana abbia fatto così tanti passi indietro? è un fatto vero o solo una mia impressione?