(Articolo pubblicato su Casentino Più, numero di Primavera 2022)
A pochi chilometri dal centro abitato di Capolona, salendo per la strada che porta alle frazioni di Cenina, Ponina e il Santo, a circa 500 metri di altitudine si trova un luogo che ancora oggi offre un panorama mozzafiato ai camminatori che ci si avventurano. Questo posto era noto come il Castello di Belfiore, anche se i capolonesi sono soliti chiamarlo le Torri di Belfiore. Il toponimo con cui è indicato il luogo di Belfiore si ritrova anche in alcuni statuti fiorentini del 1500, e anche nell’atto del 1808, quando venne istituito il “distretto di Capolona, Bibbiano e Belfiore”. Sebbene non ci siano riscontri documentali a sostegno della teoria, si ritiene comunemente che l’insediamento definito come “Castello di Belfiore” fosse di origine longobarda, sia per la vicinanza (circa cinquecento metri) con l’insediamento di Ponina, di cui invece è documentato il suo essere “corte longobarda”, sia per la scelta del punto in cui questa fortificazione era stata eretta, ovvero a cavallo tra due vallate, in modo da poter tenere sotto controllo sia il Casentino sia la piana di Arezzo. I longobardi, infatti, avevano studiato un sistema di torri per meglio controllare porzioni più ampie di territorio, e la possibilità di vedere bene Pontenano, altro insediamento longobardo nel territorio del comune di Talla, da Belfiore, lascerebbe propendere per questa ipotesi. Ci sono tuttavia degli elementi che lasciano pensare ad una riedificazione successiva, presumibilmente in epoca feudataria. Quello che infatti viene definito come “castello” era invece più probabilmente un fortino, un posto di vedetta attrezzato per poter essere difeso in caso di attacco nemico, come testimoniano le feritoie ancora visibili nella parte di cinta muraria che si intravede ancora oggi ai piedi della torre, strette finestrelle da cui era possibile scoccare delle frecce. Questo insediamento venne quasi certamente mantenuto attivo fino ai tempi della battaglia di Campaldino, e anche successivamente, fino cioè alla cessione della città di Arezzo a Firenze, quando venne poi di fatto – e su espresso ordine dei fiorentini – abbandonata e lasciata andare in disuso. Il fatto che gli abitanti del luogo definiscano il posto col nome “le torri di Belfiore” ci fa capire come – nonostante ad oggi di torri ce ne sia solo una – ci sono segni certi e ben visibili di una seconda torre, se non addirittura di una terza. Una sola, comunque, è quella che è riuscita a rimanere in piedi per tutti questi secoli, nonostante l’abbandono, nonostante sia stata sferzata dalle intemperie e la vegetazione circostante l’abbia pian piano sempre più insidiata da vicino, al punto di non renderla ben visibile se non si sa esattamente dove si trova. Il fascino del luogo, con la sua visuale mozzafiato, è però rimasto intatto e ben noto agli abitanti del posto. Così, negli ultimi anni aveva cominciato a prendere piede l’idea di fare qualcosa prima di dover assistere inermi, come è stato da numerose altre parti, al crollo dell’unica torre rimasta dovuto alla normale azione del tempo. Dapprima con un consolidamento della struttura, volto sia ad impedirne il crollo che a limitare la pericolosità per chi si avventurava in mezzo al bosco per vederla, e dopo alcuni anni, grazie all’impegno delle ultime due amministrazioni comunali, a riprova del fatto che quando un’idea è buona non ci si deve rinunciare a causa di un diverso orientamento politico, si è potuto finalmente provvedere a coronare un piccolo sogno che gli abitanti di Capolona covavano, e cioè il restauro dell’antica torre. Il Comune di Capolona, con un post sul profilo Facebook datato 25 maggio 2021, dava infatti l’annuncio tanto a lungo atteso dai cittadini:
Altro bando vinto e nuovo finanziamento arrivato. Iniziati i lavori di ripristino della Torre di Belfiore e creazione area di sosta/picnic. La torre, dovrà essere un punto di riferimento per la nostra comunità, pregio da mostrare e di cui essere orgogliosi, oltre che “attrazione” turistica, raggiungibile tramite auto, trekking o mtb.
Noi di Casentino Più vi avevamo già segnalato questo sito storico, prima ancora dell’inizio delle opere di messa in sicurezza, nella nostra – ahivoi – esauritissima guida “Casentino da scoprire” pubblicata nell’estate del 2016. Stando alle indicazioni che ci fornisce Google Maps, arrivando a Capolona in treno è possibile raggiungere la torre in poco meno di un’ora di cammino a piedi, ma ci metterete probabilmente di più se considerate che, una volta oltrepassato il ponte sulla SR 71, vi immergerete in un nastro di strada asfaltata ma in mezzo alla natura e con scorci notevoli, tra querce e vigneti, e per arrivarci passerete accanto a ben tre luoghi degni di interesse storico oltreché paesaggistico. Il primo è la Pieve di Cenina, intitolata a Santa Lucia. Attualmente parte di una struttura più ampia, di proprietà della Parrocchia di Capolona, la Pieve di Cenina deve il suo aspetto attuale ad una ristrutturazione operata intorno al 1840, anche se il quadro raffigurante Santa Lucia all’interno della chiesa stessa risale a circa 150 anni prima, e notizie di Cenina si trovano fin dal 1109. Il toponimo “Cenina”, addirittura, parrebbe avere origini etrusche, e nell’alto medioevo fu una curtis longobarda. La passeggiata poi prosegue fino al centro abitato successivo, Il Santo, un insediamento di epoca altomedievale con un’altra piccola chiesa, dedicata a Sant’Apollinare, edificata probabilmente durante la reggenza del Vescovo Adalberto, proveniente da Ravenna. Secondo tali ricostruzioni storiche, quindi, questa chiesa dovrebbe avere circa mille anni, poiché il periodo trascorso da Adalberto in terra aretina andava dal 1014 al 1023, anche se tracce di insediamenti ancora precedenti in queste zone risalgono addirittura al 600 d.C. Lasciandosi alle spalle Il Santo, poi, poco dopo sulla destra si trova l’abitato di Ponina. Anche questo toponimo pare di origine etrusca, così come quello di Cenina, ed anche qui ebbe sede una corte longobarda; attorno all’anno Mille Ponina divenne possedimento dei Camaldolesi, che vi edificarono un piccolo monastero, la cui esistenza viene citata in una bolla di Papa Alessandro II datata 29 Ottobre 1072 e in un’altra, successiva, del marzo 1105, di Papa Pasquale. Del monastero camaldolese, tuttavia, ad oggi non resta traccia, anche se le ricostruzioni degli storici tendono a localizzarlo in un’area a valle di Ponina, nota come Campi Chierli. L’occasione di scoprire la Torre di Belfiore, rimessa a nuovo come vi mostriamo in queste pagine, è insomma anche l’opportunità giusta per scoprire un percorso forse poco noto, ma che ne siamo certi, non mancherà di emozionarvi. E poi, la vista dai piedi della torre ripaga di tutto, anche della scarpinata che vi sarete fatti se deciderete di seguire il nostro consiglio. Adesso che il “grosso”, cioè la ristrutturazione della torre, a lungo ritenuta impossibile, è fatto, sta a chi amministrerà Capolona da ora in poi: veicolare e valorizzare al meglio questa piccola gemma nascosta nel territorio – non l’unica, peraltro, come già in passato vi abbiamo raccontato sempre sulle nostre pagine – sarà un dovere. Perché come ci ricordava un noto giornalista del secolo scorso, “un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente.”
