La politica è una cosa seria

Una volta sono stato a bere un bicchiere di bianco con Andrea Scanzi. Il vino l’ha scelto lui, e oltre a parlare del più e del meno, oltre che sostanzialmente di cavoli nostri, per tipo cinque minuti, ma forse anche meno, abbiamo parlato di politica. Ricordo che abbiamo parlato di Civati (su cui eravamo sostanzialmente d’accordo nel giudizio) e della Cirinnà (su cui lui era più tenero di me, ma alla fine, come si dice ad Arezzo, ci siamo intesi).

Questo preambolo mi è necessario per sviluppare un ragionamento, e il ragionamento è questo:  bere un bicchiere di vino è un tipo di esperienza che ti permette di capire un po’ meglio l’altro. E alla fine, parlando di Civati e della Cirinnà, io ho avuto la riprova di una cosa che pensavo già: Andrea Scanzi è una persona intellettualmente onesta. Ora, a beneficio di quei lettori che mi hanno già annoverato tra coloro i quali idolatrano Scanzi solo in quanto tale, lascio alcune considerazioni sparse.  Proprio perché stiamo parlando di una persona intellettualmente onesta, è plausibile che non ci si trovi d’accordo su tutto. Ad esempio, secondo me il suo post su Greta Thunberg non è condivisibile.  E la sua opinione su Salvini è migliore della mia, ma appunto, siamo al “secondo me vs. secondo te”. E questo mi porta a parlare – brevemente, lo prometto – del suo ultimo libro, uscito da qualche giorno per Rizzoli, e intitolato appunto La politica è una cosa seria.

                             La copertina del libro di Scanzi

Questo è tecnicamente un libro di saggistica. Con un sottotitolo assolutamente fuorviante, nel senso che non contiene effettivamente “dieci motivi per cacciare i pagliacci” (Rizzoli, perché lo fai?), quanto piuttosto le sue unpopular opinions su dieci personaggi politici, cinque del passato (di cui quattro additabili come “esempi positivi”) e cinque del presente (di cui quattro da ascrivere nei “cattivi esempi”) , più una bonus track: Berlusconi, D’Alema, Renzi, Salvini, Rodotà (vi lascio scoprire chi sia quello”positivo”) da un lato, e  Parri, Pertini, Andreotti, Berlinguer e Caponnetto dall’altro (chi sarà quello “negativo”?).  Se fosse una partita di basket, sarebbe giganti contro nani. La Bonus Track infine è dedicata a Pier Luigi Bersani. E qui, senza fare spoiler, vi invito a leggere il capitoletto con mente aperta, perché torniamo nel campo dell’onestà intellettuale.  Ora, a qualunque persona sana di mente è del tutto evidente che non tutto nel passato fosse da salvare così come non tutto nel presente sia da buttare, ma è sostanzialmente abbastanza condivisibile che, come cantava Giovanni Lindo Ferretti prima di rimanere folgorato, “il passato è afflosciato, il presente è un mercato”.  Non starò qui a dettagliare cosa ne penso delle opinioni di Andrea Scanzi relativamente ai dieci più uno, ma in ogni caso mi sento di condividere il mood di questo libro.  Che intendo dire con questa frase? Ve lo faccio spiegare da Andrea Scanzi stesso:

È una delle cose che mi fanno più male: la politica ridotta a tifo. La sinistra che si traveste da centro-destra pur di vincere a tutti i costi. E gli intellettuali a marcare visita, standosene belli zitti come Nanni Moretti, o peggio ancora a ridursi a giannizzeri come Roberto Benigni.

In questi tempi post-ideologici, dove rimanere – autenticamente – ideologici è uno dei più grandi regali che possiamo fare a noi stessi, l’unico modo per andare avanti è guardare al mondo con occhi disincantati, mente aperta e convinzioni ferme, quello che in gergo giornalistico si chiama “schiena diritta”.  Altrimenti non saremo mai in grado di interpretare il presente. come spesso, purtroppo, la mia parte politica non è stata in grado di fare in questi anni.  Cercando persino di dare la colpa di questo loro modo di fare ad Andrea Scanzi.

Ah, un’ultima cosa, sul presente e sulle interpretazioni: vi lascio qui una frase di una persona che ha fatto dell’onestà intellettuale un manifesto della propria vita. A voi scoprire – se già non lo sapete – di chi sto riportando le parole:

Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita.

Fare domande, pretendere risposte.

Gli orti dapprima sequestrati per la presenza di diossina e poi dissequestrati, a Ripa di Olmo, pochi anni fa.   Le colonne di fumo rosa a Badia al Pino, e l’esplosione con conseguenze gravi per due lavoratori a Castelluccio.  Adesso quello che è successo a San Zeno, con numerose persone finite al pronto soccorso per sospetti di intossicazione.  Ma ogni volta ci viene ripetuto lo stesso ritornello:  è tutto ok, abbiamo controllato, non ci sono elementi di tossicità.  Ma il ricorrere continuo di questi eventi, negli ultimi anni, alla luce del raddoppio di volumi concesso ad una di queste aziende, fa emergere almeno due domande, pressanti, da non addetti ai lavori.

La prima, inevitabile: quis custodiet ipsos custodes? Ovvero, chi controlla i controllori?  ARPAT fa il suo lavoro, e fino a prova contraria quello che ci dice è vero e attendibile, ma trattandosi della salute dei cittadini, come non chiedersi:  c’è un doppio riscontro? Qualcuno che faccia delle analisi incrociate?

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La seconda, altrettanto stringente:  il territorio di Arezzo e zone limitrofe può sostenere lo stress di TRE aziende che trattano rifiuti speciali in un raggio di meno di 10 km?

Sono interrogativi da prendere terribilmente sul serio, perché non si parla di questioni di secondaria importanza:  l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, i prodotti che mangiamo, non sono questioni che si possono eludere, liquidare con leggerezza, perché riguardano il presente e ancor di più il futuro.  Non è il mal di testa di oggi a preoccupare, è la falda acquifera di domani, le verdure dell’orto che arriveranno sulle nostre tavole dopodomani, l’aria che respireranno i nostri figli crescendo.  Non è più sufficiente limitarsi a dirci “state tranquilli”, non è tempo di fare facili allarmismi, è il momento di fare domande e pretendere risposte precise.  Che poi sarebbe il compito di chi fa politica ed amministra la cosa pubblica, en passant.

Due parole post-referendum

Ma insomma, in quanti vi sforzate di dare dei traditori a chi ha votato in modo diverso da voi? E il vincolo di mandato sul programma PD 2013 non vale davvero niente? E il fatto che la personalizzazione sia stata interamente voluta dal premier non vi sfiora il cervello? E SOPRATTUTTO, perché ostinarsi a ritenere inconcepibile il fatto che in molti (me compreso) abbiano votato NO perché non convinti della nuova strutturazione del Senato (perché non abolirlo?), dello svuotamento delle competenze delle regioni (perché mantenerle, se tante delle funzioni demandate in questi anni tornano a Roma?), della mancata riduzione dei membri della Camera dei Deputati (se “i costi della politica” erano uno dei temi, perché non andare fino in fondo?), del fatto che più in generale è una riforma un po’ pasticciata in diversi punti (solo per dirne uno: a che serve il Senato, se ad esempio – art. 78 – non ha diritto di voto neanche su un’eventuale delibera dello stato di guerra dell’Italia?) e che quindi, ammesso e non concesso che Matteo Renzi sia, sia stato “il migliore dei mondi possibili”, perché non ammettere che si sia potuto votare no alla riforma solo perché non ci piaceva il testo della riforma? Non vi sembra, questa sì, una lettura capziosa dei fatti?

“Non avrete il mio odio”

“Vendredi soir vous avez volé la vie d’un être d’exception, l’amour de ma vie, la mère de mon fils mais vous n’aurez pas ma haine. Je ne sais pas qui vous êtes et je ne veux pas le savoir, vous êtes des âmes mortes. Si ce Dieu pour lequel vous tuez aveuglément nous a fait à son image, chaque balle dans le corps de ma femme aura été une blessure dans son coeur.

Alors non je ne vous ferai pas ce cadeau de vous haïr. Vous l’avez bien cherché pourtant mais répondre à la haine par la colère ce serait céder à la même ignorance qui a fait de vous ce que vous êtes. Vous voulez que j’ai peur, que je regarde mes concitoyens avec un oeil méfiant, que je sacrifie ma liberté pour la sécurité. Perdu. Même joueur joue encore.

Je l’ai vue ce matin. Enfin, après des nuits et des jours d’attente. Elle était aussi belle que lorsqu’elle est partie ce vendredi soir, aussi belle que lorsque j’en suis tombé éperdument amoureux il y a plus de 12 ans. Bien sûr je suis dévasté par le chagrin, je vous concède cette petite victoire, mais elle sera de courte durée. Je sais qu’elle nous accompagnera chaque jour et que nous nous retrouverons dans ce paradis des âmes libres auquel vous n’aurez jamais accès.

Nous sommes deux, mon fils et moi, mais nous sommes plus fort que toutes les armées du monde. Je n’ai d’ailleurs pas plus de temps à vous consacrer, je dois rejoindre Melvil qui se réveille de sa sieste. Il a 17 mois à peine, il va manger son goûter comme tous les jours, puis nous allons jouer comme tous les jours et toute sa vie ce petit garçon vous fera l’affront d’être heureux et libre. Car non, vous n’aurez pas sa haine non plus.”

Venerdì sera avete rubato la vita di un essere eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio ma non avrete il mio odio. Non so chi voi siate e non voglio saperlo, siete delle anime morte. Se questo Dio per il quale voi uccidete ciecamente ci ha fatti a sua immagine, ogni proiettile nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore.

Allora no, non vi farà questo regalo di odiarvi. L’avete cercato, davvero, ma rispondere all’odio con la rabbia significherebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete.  Voi volete che io abbia paura, che io guardi ai miei concittadini con occhio sfiduciato, che io sacrifichi la mia libertà per la sicurezza. Avete perso. Lo stesso giocatore di prima gioca ancora.

L’ho vista, stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni di attesa. Era tanto bella quanto lo era quando è uscita questo venerdì sera, tanto bella quanto lo era quando me ne innamorai perdutamente più di 12 anni fa.  Certamente sono devastato dalla tristezza, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di breve durata. So che lei ci accompagnerà ogni giorno e che noi ci ritroveremo in questo paradiso delle anime libere al quale voi non avrete mai accesso.

Siamo in due, mio figlio e io, e siamo più forti di qualsiasi esercito al mondo. Non ho del resto più tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi, mangerà la sua merenda come ogni giorno, poi andremo a giocare come tutti i giorni e per tutta la sua vita questo piccolino vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, non avrete nemmeno il suo odio.

Antoine Leiris, 34 anni, giornalista per France Bleu. La traduzione è mia e fatta un po’ di corsa, ma attendibile. Io non riesco a leggerla ad alta voce, questa lettera, perché la voce mi si rompe, trema.

Solo una cosa, mi sento di aggiungere, davanti al dolore così devastante per questa famiglia spazzata via da un gesto insensato: questi sono uomini che mi danno fiducia nel genere umano, non chi vaneggia di rabbie e d’orgoglî. Come ho già letto da qualche parte, alle persone piene di sé, preferisco le persone piene di se. Perdonatemi, sono fatto così.

Spiegatemi.

E quindi, affermare che la (all’epoca dei fatti contestati) Ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge “sembra un orango” è diffamazione ma la frase in questione non costituisce discriminazione razziale. Così, il Senato della Repubblica italiana ha salvato Roberto Calderoli, colui che in un comizio leghista tenuto il 13 luglio 2013 ha pronunciato questa aberrante frase.
Tralasciando le difese di Calderoli (che – permettetemi – non faccio precedere da “On.”) portate avanti dagli ex PdL, Forzisti e quanti altri, abituati a considerare come battute di spirito anche le uscite dell’ex Presidente del Consiglio che definiva “abbronzato” Barack Obama, vi riporto qui quelle di due esponenti PD, ovvero della parte che dovrebbe essere a me più vicina politicamente (mai come in questo caso, il condizionale è d’obbligo).

  1. Sen. Claudio Moscardelli: “Le accuse relative alle incitazioni all’odio razziale risultano infondate, atteso il contesto politico nel quale le frasi in questione sono state pronunciate e attesa anche la configurazione del movimento della Lega, nel cui ambito operano anche diverse persone di colore”
  2. Sen. Giuseppe Cucca: “le parole pronunciate dal senatore Calderoli vanno valutate nell’ambito di un particolare contesto di critica politica” e “spesso nella satira si paragonano persone ad animali, senza che tali circostanze diano luogo a fattispecie criminose”.

Questo, invece, è il commento di Cécile Kyenge, affidato alla sua pagina Facebook: “Quelle parole di chi dovrebbe onorare le istituzioni e il Paese hanno fatto il giro del mondo. C’è una legge del nostro Paese, la Legge Mancino, che persegue l’istigazione all’odio razziale. Per il Senato italiano, che oggi ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere avanzata d’ufficio dal Tribunale in forza della Legge Mancino, in queste parole non c’era discriminazione razziale. In Europa il livello di guardia verso il razzismo è altissimo. Il messaggio di questo voto è che la politica è irresponsabile, che non c’è un argine all’uso irresponsabile di parole che avvelenano la società, seminando odio razziale. E’ un messaggio triste. Non lo nascondo, sono amareggiata. Ma io vado avanti.
‪#‎Triste‬ ‪#‎IoVadoAvanti‬

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I tifosi del St. Pauli (Amburgo) tra i capofila del movimento solidale degli ultras europeo.

E tutto questo avviene mentre numerose curve di ultras in Europa, quegli ultras che con tanta ostinazione combattete bollandoli come “pericolo per la coesione sociale del Paese”, in queste settimane hanno innalzato striscioni con scritto “REFUGEES WELCOME”. Non credo ci sia gran bisogno di commentare, si?
Anzi, una cosa la voglio dire, permettetemi. Breve, sintetica, dalla pancia e non politically correct.

Non meravigliatevi se la gente non va a votare, non ne avete il diritto. Non meravigliatevi se la gente ha lo schifo nei confronti della politica oggigiorno. Non meravigliatevi se non c’è indignazione per questa Europa che costruisce muri, che tira su fili spinati, che cerca insistentemente di voltarsi dall’altra parte mentre un dramma umanitario di proporzioni enormi è in atto.
Non meravigliatevi se – tra il serio e il faceto – in molti non considerano più il PD un partito di sinistra, anzi, neanche di centrosinistra.
Oppure cercate di convincermi del perché salvare Calderoli vi è sembrata una buona idea. Grazie.

“Possibile è possibile”

possib-logoPossibile è possibile. Un gioco di parole che si basa sulle maiuscole e minuscole, certo. Ad Arezzo, poi, questa frase è anche un modo di dire:  se uno dice “possibile è possibile”, significa “Per essere possibile, lo è; basta volerlo.” Appunto.

Forse sarà solo l’ennesimo soggetto che nasce a sinistra del PD, ma io ho la sensazione di no.  E questa volta, la prima volta dopo anni di partecipazione “in disparte”, ci provo anch’io.  Per essere possibile, lo è. Basta volerlo. E vediamo come andrà a finire.

A poche ore dall’apertura dei seggi…

…mi sento di scrivere qualche rigo per dichiarare pubblicamente a chi darò la preferenza, in queste elezioni comunali 2015.
Non troppe righe, però, perché sennò la cosa si fa lunga e voi non la leggete.
Potrei dirvi davvero tante cose su questa persona – del resto la conosco ormai da più di dieci anni, ma ve ne racconterò una sola, che poi è quella che mi ha fatto pensare di lui, una volta per tutte, che si, non mi sbagliavo sul suo conto, è davvero uno in gamba. Al suo primo anno da assessore alle politiche giovanili, invece del “solito” mega-evento, ha organizzato questa festa di Capodanno qua.  Domattina voterò per un giovane, che non ha ancora compiuto 30 anni e che non ha paura né vergogna, anzi, è fiero di definirsi “di sinistra”. Per uno che, nelle cose che ha fatto come Assessore, ha sempre cercato di coniugare passione e umiltà, cercando di ascoltare tutti, non come atteggiamento di facciata ma come modus operandi. Non lo dico per sentito dire, lo dico perché ho avuto l’onore, o magari la fortuna, di essere stato uno di quelli che sono stati sentiti e, alla prova dei fatti, a volte anche ascoltati.

Domattina voterò Arezzo in Comune e darò la preferenza al mio amico Francesco Romizi, sperando di essere solo uno dei tanti a farlo. Francesco se lo merita, ve lo garantisco.