Che ci fosse qualcosa che non andava, oggi, l’avevo intuito dal messaggio di Andrea Avato nella chat WhatsApp di Amaranto Magazine, “Perla Amaranto”. Alle 15:34 Andrea ci scrive
Così io penso che Andrea deve dirci qualcosa. E infatti, una mezz’ora prima che la notizia diventi di pubblico dominio, ci arriva questa mail, che comincia così:
Buonasera a tutti ragazzi.
Tra poco pubblicherò l’articolo al riguardo, ma volevo avvertirvi in anticipo per correttezza. Non troppo in anticipo, è vero, però ho pensato che sarebbe stato meglio così per mille motivi.
Oggi è l’ultimo giorno di Amaranto Magazine. Ho preso questa decisione un po’ di tempo fa e, lo dico per evitare equivoci, non è legata alle contingenze calcistiche.
Ho dovuto leggere e rileggere più volte la frase che ho evidenziato in grassetto, in un certo senso il cervello rifiutava di interpretare le informazioni. E allora mi sono semplicemente lasciato travolgere dai ricordi.
Il mio primo pezzo su Amaranto Magazine era su questioni extra-calcistiche, al tempo il sito/blog stava pensando di allargarsi anche ad altri campi e così decisi di provare a farmi avanti. Avevo da poco compiuto ventotto anni e mi presentai da aspirante giornalista pressoché sconosciuto, a parte qualcosa che avevo fatto con la Free Basket Arezzo, e Andrea Avato, che mi era stato presentato poco prima da Maurizio Gambini di Atlantide Audiovisivi, mi disse che il pezzo poteva andare. Andò online ed era il 6 dicembre 2007, per me era un grande traguardo, tanto che di questo articolo ne ho ancora una copia stampata. Meno male, visto che con il cambio del server una marea di articoli sono andati persi, temo per sempre. Come quello in cui vennero fatti cambiare i contenuti del sito di Floro Flores, che ci mandò addirittura una mail di scuse. Come quello sulla nascita di mio figlio, anche quello stampato, fortunatamente. Come quello sulla schedatura collettiva al termine di Pontevecchio-Arezzo, che mi vide andare anche a Teletruria a raccontare a Block Notes quello che era successo. Come la rubrica sulle “vecchie facce”, dove ho raccontato un tot di giocatori che hanno vestito la maglia amaranto negli anni dell’A.C. Arezzo e che è stata lì lì per essere raccolta in un libro. Ho scritto tanti, tantissimi articoli per Amaranto Magazine, cercando sempre di mettere la passione davanti all’analisi tecnica, perché lì ci sono altri più ferrati di me che la partita l’ho sempre vista dalla curva Sud, tranne che nei due periodi di chiusura della medesima. Ho anche giocato a calcio nella squadra dei giornalisti aretini contro gli amaranto del 1982,
ribadendo con la mia stessa performance che una cosa è scrivere di calcio e un’altra giocarlo davvero. Ho scritto di Arezzo calcio e di cifre di Giostra del Saracino – A proposito, una curiosa coincidenza: il mio primo pezzo per AM e l’ultimo sono compresi tra la vittoria numero 26 e la numero 27 di Porta del Foro…
A volte i miei pezzi per AM sono riusciti meglio e a volte peggio, a volte ho fatto arrabbiare qualcuno, ma come giustamente ha sottolineato Andrea, si scrive di Arezzo Calcio per via di quella passionaccia che non ci si scolla di dosso, e neanche vorremmo che lo facesse. È passata una vita intera, in questi 13 anni di Amaranto Magazine, di cui quasi 12 trascorsi “a bordo”. Ogni tanto qualcuno, al telefono, sui social o incontrandomi di persona mi ha fatto i complimenti per alcune cose scritte (tipo per questo post qua), e questo, avendo scritto con e per passione, è il più bello dei riconoscimenti. Ho parlato di Lauro Minghelli, 15 anni dopo la sua scomparsa per parlare del tempo che passa ma non porta via i ricordi. Ho scritto il pezzo per raccontare il 17 aprile del 1993 vent’anni dopo. Ho raccontato, ospite di Amaranto Magazine, vittorie e sconfitte, gioie e dolori, cercando di poter dare il mio punto di vista di innamorato dei colori amaranto. Mi piace sempre ricordare che una volta, ad un corso di formazione sul giornalismo sportivo, uno dei docenti ci disse che non bisognerebbe mai essere tifosi della squadra di cui si scrive, se non si vuol perdere l’oggettività del giudizio, e in un certo senso è vero, lo capisco, solo che mentre ce lo diceva io pensavo ad Amaranto Magazine, dove tutti noi che scrivevamo i pezzi eravamo, siamo, saremo tifosi amaranto, e per questo non posso che ringraziare Andrea Avato per avermi permesso di non snaturarmi mai, per avermi fatto portare la mia voce – spero gradita, sicuramente sincera – a bordo di questa Hispaniola amaranto, che adesso torna in porto e si ferma. Come recita un famoso striscione, “con l’orgoglio e la fierezza di chi l’Arezzo l’ha nel cuore”. Ciao Amaranto Magazine, è stato bello aver scritto un piccolo pezzo della tua grande storia.